Capita di rado che un videogioco riesca a farmi fare le ore piccole. Mi è però capitato, dopo tanto, proprio la scorsa notte con Alan Wake 2. Il nuovo titolo di Remedy Entertainment è riuscito a colpirmi fin dai primi minuti di gioco, e ho tentennato in questa settimana per parlarvene in un articolo dedicato. Sono contenta di aver aspettato perché, ora che ho raggiunto i titoli di coda, posso dirvi che Alan Wake 2 è l’apice di Remedy.
Quello raggiunto dallo studio capitanato da Sam Lake è il modo perfetto per unire più media in un videogioco, unendo parti giocate ad altre live action in un connubio irresistibile. La software house finlandese non è nuova a questo tipo di sperimentazioni: iniziarono a farle già con il primo Max Payne, scegliendo di usare dei filmati in stile graphic novel per narrare gli eventi.
Non solo, la nuova opera di Remedy mostra il lavoro fatto nell’unire i lavori precedenti sotto un’unica narrazione, partendo dai riferimenti più ovvi a Control fino a passare per citazionismi sempre dedicati al nostro Max Payne.
In questo articolo, che sarà senza spoiler, voglio parlarvi di come siamo arrivati ad avere un titolo della portata di Alan Wake 2, la punta di diamante delle produzioni Remedy.
Dalla graphic novel alla serie TV
Come vi dicevo poc’anzi, non è da poco che lo studio finlandese sperimenta per includere nelle sue opere anche altri media. Tutto iniziò proprio con la prima iterazione di Max Payne, titolo che personalmente giocai nel non così lontano 2015. Il gioco aveva dei filmati in stile graphic novel o, come viene detto nella localizzazione italiana, in stile romanzo illustrato. La scelta non è casuale, ma è un omaggio al genere neo-noir da cui prende ispirazione tutto lo stile di narrazione.
Abbiamo anche il primo esempio di come, già all’epoca, Remedy rompesse volentieri la quarta parete nei momenti più inaspettati. Oltre al fatto che fu proprio Sam Lake a dare il volto al celebre poliziotto!
Quando lo studio di sviluppo ha davvero osato, secondo me, è stato con Quantum Break. Il titolo rilasciato per Xbox One e per PC non è uno dei più amati del parco titoli della software house. Nonostante si tratti tutto sommato di un buon gioco, dalla trama interessante e dal gameplay divertente, ciò che gli ha impedito di spiccare il volo è stata la serie TV da vedere tra un capitolo e l’altro.
Quantum Break, infatti, è dove Remedy si era davvero spinta nel cercare di unire due media molto diversi tra loro in un’unica esperienza. Il problema principale fu quello di un buffering aggressivo che ci faceva vedere una singola puntata da cinquanta minuti in anche due ore. La scelta di avere la serie TV in cloud e non scaricabile assieme a tutto il gioco ha minato quella che sarebbe potuta essere un’idea interessante.
C’è anche da dire, però, che non ho trovato un granché il dover guardare cinquanta minuti di puntata, mandatori per avere una visione completa della narrazione, tra un capitolo e l’altro. Pur nei rari momenti in cui non dovevo attendere il buffering, il ritmo di gioco veniva irrimediabilmente spezzato.
Nonostante ciò, penso che Quantum Break sia stato un punto fondamentale per la crescita artistica di Remedy. Senza questo inciampo non avremmo avuto la direzione artistica memorabile di Control, e nemmeno quella di Alan Wake 2.
Bright Falls, Twin Peaks e il citazionismo di Remedy
Già nel primo Alan Wake, uscito nel 2010, si notavano le numerose citazioni a Twin Peaks. Della memorabile serie di David Lynch, infatti, trovavamo similitudini per ambientazioni e personaggi. Dalla tavola calda, passando per l’ufficio dello sceriffo e gli indimenticabili abitanti: Remedy ha preso alcuni degli elementi iconici, caffè compreso, della serie di Lynch e ha saputo renderli propri.
Non solo, anche alcuni elementi della narrazione dei due Alan Wake ricordano alcune parti memorabili di Twin Peaks. La Loggia Nera, Bob e il doppelgänger di Dale Cooper trovano le loro controparti ne Il Luogo Buio, La Presenza Oscura e Graffio. Questi elementi però non si limitano a essere semplici citazioni, ma prendono vita propria con risvolti totalmente diversi.
Non solo Twin Peaks, fin dal primo capitolo Remedy cita anche le sue opere passate. Il nostro tormentato scrittore Alan Wake è di New York, e ha raggiunto il successo scrivendo le avventure dal tono noir e hard-boiled di un poliziotto di nome Alex Casey. La somiglianza con Max Payne è indiscutibile!
Lo studio di sviluppo da anni si sta concentrando su una narrazione espansa e condivisa tra i vari giochi. Proprio le vicende di Max Payne sono le uniche che, a prima vista, non rientrano in questo universo espanso. La mia teoria è che, essendo Wake di New York, si sia semplicemente ispirato ai fatti di cronaca locali per creare il suo protagonista.
Uscendo dalle mie personali teorie, e tornando al citazionismo di Remedy, in Alan Wake 2 vediamo un agente FBI che di nome fa proprio Alex Casey. Per sottolineare la reference, che nel primo era giusto accennata, a dare il volto all’agente è nientemeno che Sam Lake.
Non vi ho parlato più di tanto di Control, visto che quest’ultimo è maggiormente collegato proprio a livello di trama, ma ci sono un sacco di riferimenti che lo riguardano, compresa l’enfasi data a un certo personaggio!
Il connubio perfetto tra videogioco, musica e live action
Dopo anni a cercare il connubio perfetto tra videogioco e live action, Remedy ci è finalmente riuscita con Alan Wake 2. Non solo ci troviamo un gioco spiazzante da vedere, ma tutto, anche stilisticamente, è in funzione della trama stessa, compresa la colonna sonora legata a doppio filo con la storia.
Non sono pochi i momenti in cui passiamo da un Alan videoludico a uno in live action, e il tutto avviene con timing perfetti che non spezzano il ritmo. Sottolineo, parlando sempre di ritmo, che già non è facile mantenerlo di suo, ma Remedy ci è riuscita dando la possibilità di alternare i capitoli nell’ordine che preferiamo!
Alan Wake 2 non solo ha il connubio perfetto tra i due media, ma è anche pieno di scene folli e che osano davvero tanto. In un momento di grandi uscite, ma che non escono mai troppo dal seminato, l’esperienza prodotta da Remedy è decisamente fuori dagli schemi.
Voglio permettermi di fare un’affermazione un po’ forte. Alan Wake 2 non è soltanto l’apice di Remedy, ma è anche quello videoludico degli ultimi anni. Siamo di fronte al sapiente uso del live action in ambito videoludico, usandolo come vero e proprio espediente narrativo e talvolta per coglierci anche un po’ alla sprovvista.
Remedy Entertainment è arrivata al culmine di tutte le sue sperimentazioni in oltre venti anni di attività. Viene da chiedersi come potranno superarsi con le loro uscite future, ma sono sicura che troveranno un modo per farlo.
Alan Wake 2 è una gemma di rara bellezza, un titolo che secondo me verrà ricordato negli anni. E se siamo arrivati a un simile risultato, lo dobbiamo a Control, a Max Payne e sì, anche a quel Quantum Break tanto discusso.