Sono sincero, non pensavo che avrei mai scritto di The Evil Within 2, soprattutto in un articolo dove avrei scritto della mia pace fatta con il titolo. Vi chiederete il perché e ve lo spiego subito.
Dovete sapere, che il secondo capitolo del gioco l’ho avuto al Day One, ma dopo poche settimane ho deciso di venderlo perché il titolo non mi aveva convinto. Dopo un anno, decisi di ricomprarlo: inutile dire che il titolo ha subito la stessa tragica fine.
Eppure cari lettori, non è mancato un terzo tentativo dopo che il gioco è stato rilasciato sul servizio PlayStation Now, ma anche per questa terza volta non ci è stato verso di finirlo.
Dopo un 2022 che videoludicamente parlando mi ha già offerto molto, ho deciso di dare una quarta possibilità a The Evil Within 2, questa volta usufruendo dell’FPS Boost di Xbox Series e scaricando il titolo grazie al servizio del Game Pass.
Il ritorno del male interiore
Partendo dalla trama, la storia di Sebastian Castellanos sono riuscito ad apprezzarla un po’ di più rispetto al primo tentativo, nel quale ero riuscito a raggiungere quasi la fine del gioco. Il lato umano e psicologico che viene esplorato mi ha colpito in positivo, soprattutto perché vediamo un lato del protagonista che nel primo gioco era offuscato da altri elementi.
Il focus principale è quello tra un padre e una figlia, dove gli sforzi del primo sono disumani per portarla a una vita normale e fuori da quegli orrori ai quali è costretta ad assistere.
Anche qui, come con Assassin’s Creed Odyssey, la domanda sorge spontanea: cosa è cambiato? Il motivo principale è sicuramente il fatto di aver giocato The Evil Within 2 non vicino al completamento del primo capitolo, rendendomi la giocabilità molto più piacevole e avvertendo meno il senso di ripetitività.
Ho affrontato l’avventura con tutta calma, senza pormi l’obiettivo di finirlo quanto prima: questo mi ha aiutato non poco a portare a termine la storia di Sebastian Castellanos, che è riuscita a tenermi incollato allo schermo quasi per tutta la sua durata nonostante qualche incertezza narrativa.
Crafting e Risorse
Era da tanto tempo che non toccavo un titolo Horror nello stile del prodotto di Tango Gameworks. Fin dalle prime ore il tutto è un richiamo alla sopravvivenza, dove ogni singola risorsa può fare la differenza nello scontro successivo. Personalmente ho giocato alla modalità Incubo, dove i nemici con pochi colpi, riescono a farci fuori.
La difficoltà l’ho trovata molto equilibrata, e riesce a donare il giusto livello di sfida. L’unica pecca risiede nel limite tecnico di alcuni nemici, i quali hanno delle mosse scriptate che spesso riusciranno a colpirvi anche quando sarete fuori dal loro raggio di azione, rendendo l’esperienza leggermente frustante.
Quando l’FPS Boost esalta il male
Grazie alla modalità FPS Boost di Xbox Series, sono riuscito a giocare al gioco con un framerate stabile e soprattutto maggiore rispetto alle versioni per Old Gen. Nelle fasi di shooting la differenza è decisamente palpabile, dato che l’azione di gioco è decisamente più frenetica. Quando giocai su PlayStation 4 Pro, il titolo soffriva di qualche incertezza tecnica, spesso durante le sezioni dove era possibile usare gli esplosivi, il frame raggiungeva appena i 22 fps, rendendo il tutto piuttosto lento e fastidioso.
Se dovessi consigliare una piattaforma dove giocare The Evil Within 2, la scelta sarebbe senza ombra di dubbio Xbox Series. Peccato però che non sia stata fatta nessuna miglioria al comparto grafico e alla risoluzione, che purtroppo soffrono di alcune texture curate solo marginalmente e a una risoluzione che non offre sempre una buona visione degli ambienti.
La fine del male
Dunque sì, ho finalmente portato a termine le avventure di Sebastian Castellanos e sua figlia Lily. Sono rimasto soddisfatto dal finale di questo secondo capitolo e sono felice di aver assistito alla conclusione della loro storia. Spero in un possibile terzo capitolo, anche se al momento le forze di Tango Gameworks sono incentrate su GhostWire: Tokyo.
Leave a comment