Non ho mai nascosto che Assassin’s Creed fosse una delle serie che ho più amato negli ultimi anni. La produzione di Ubisoft mi ha sempre affascinato, fin dal suo primo capitolo.
Lo ammetto, quando penso ad Assassin’s Creed mi riemergono tanti bei ricordi e momenti passati in compagnia della serie. La maggior parte di noi ricorda bene di Ezio Auditore a Firenze alla ricerca della redenzione o il primo salto della fede di Altaïr Ibn-La’Ahad.
Quando Assassin’s Creed Mirage fu annunciato, il mio hype salì alle stelle. Principalmente perché fu presentato come un ritorno alle origini della serie, fondendo alcuni degli elementi classici a quelli moderni.
È solo un Miraggio?
La storia di Mirage ci porta a Bagdad, durante il IX Secolo. Il nostro eroe è Basim, un ladruncolo che si ritrova coinvolto in un complotto più grande di quello che immagina. Mi ha ricordato fin dall’inizio di come la vendetta torni sempre ad essere il punto cardine nella storia della serie, così come la ricerca di risposte e della verità dietro gli eventi. Più volte durante la trama Basim è tormentato da domande e allo stesso tempo ossessionato dal trovarne le risposte.
Il suo percorso verso la maestria è un viaggio impetuoso, ricco di colpi di scena e allo stesso tempo di momenti toccanti. Durante la storia ci ho rivisto dei pezzi di Ezio Auditore in quella nefasta scena in Piazza della Signoria a Firenze, ma allo stesso tempo ho rivisto Altaïr, personaggio che si è ritrovato a essere un punto di congiunzione tra il passato e il presente.
Ho sentito tante lamentele sulla trama di Assassin’s Creed Mirage: la maggior parte avrebbe preferito una storia più lunga, mentre altri ritengono che il titolo sia troppo onirico e con un finale contorto. A mio avviso il simbolismo utilizzato dalla storia, tra figure mistiche e scene simboliche, riesce nel suo intento. Forse avrei reso meno criptica una sola scena prima della fine, dato che non vengono date risposte a tutte le domande del giocatore.
Un passaggio di lama celata
A mio avviso l’arrivo di una produzione più piccola come quella di Assassin’s Creed Mirage, che sposa bene la formula moderna con quella classica, è l’esatto esempio di come dovrebbe essere un titolo d’intermezzo in attesa di una grande uscita.
Ho trovato molto divertente l’esplorazione, con tanti elementi classici presi dai primi due capitoli. L’unica cosa che mi sento di criticare, poiché confusionaria, è il sistema di indagini, che nelle prime ore ho faticato a comprendere. Si tratta di un grosso schema dove possiamo vedere lo stato di ciò che sappiamo su un determinato membro del Culto, con attorno una serie di missioni da fare prima di raggiungere il nostro obiettivo: ucciderlo.
Avrei preferito piuttosto un sistema a missioni come nei primi capitoli.
Per quanto riguarda i combattimenti, li ho trovati molto più snelli rispetto al trittico Origins, Odyssey e Valhalla. Non abbiamo più delle abilità da utilizzare a schermo, ma possiamo giovare dell’utilizzo di strumenti dedicati che ci aiutano durante i nostri combattimenti. Una buona scelta a mio avviso, che contribuisce a rendere gli scontri più frenetici.
Per quanto la trilogia nuova mi sia piaciuta, e il mio aver fatto pace con Odyssey, la formula di Assassin’s Creed Mirage è quella che mi sento di premiare maggiormente sia per l’esplorazione che per il combattimento.
Le lamentele sul fatto che sia troppo modernizzato per essere un ritorno a origini le trovo fin troppo sterili. Comprendo che l’apprezzamento di alcune scelte sia soggettivo, ma bisogna ammettere oggettivamente che Ubisoft si sta impegnando duramente per riportare il brand ai fasti di un tempo.
La medesima situazione si sta ripetendo con il recente Prince of Persia: The Lost Crown, che la gente sta criticando per i motivi sbagliati. Ovvero per essere un prodotto interessante e diverso dal solito, che non ha paura di cambiare gli standard odierni della propria serie. E, come ci insegna anche Mirage, non sempre serve una produzione grossa per essere un buon titolo.
Anche dal punto di vista di marketing, trovo la canzone dei OneRepublic con Mishaal Tamer chiamata “Mirage“ e composta appositamente per il gioco davvero fantastica. Il testo della canzone richiama molto di quello che succede all’interno della narrazione e ascoltandola dopo aver finito il gioco cambia totalmente significato!
L’amore verso la serie
Quindi sì, a mio avviso Assassin’s Creed Mirage ha bisogno di più amore, ma soprattutto anche di fiducia da parte dei fan. L’operazione nostalgia di Ubisoft ha uno scopo importante, soprattutto per conquistare la fiducia dei fan storici. La trama onirica e simbolica vale già da sola il prezzo dell’acquisto.
Dal mio canto sono felice di aver dato fiducia al gioco prendendolo al Day One, perché percorrere le strade di Bagdad con Basim mi ha riportato a un’epoca ormai passata, facendo riaffiorare i bei ricordi che la serie mi ha lasciato lungo tutti questi anni!