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Slitterhead ha bisogno di più amore

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Durante le festività natalizie appena trascorse ho avuto l’opportunità di giocare a Slitterhead con calma, visto che Phimie ha deciso di regalarmelo per Natale. Come molti sanno, ho sempre apprezzato le opere creative, specialmente quando dietro al progetto c’è la geniale mente di Keiichiro Toyama, il creatore della serie Silent Hill, che ho avuto il piacere di intervistare nel 2019 a Etna Comics!

Il titolo non è stato accolto nel migliore dei modi, eppure qualcosa non mi tornava. L’idea di base mi sembrava interessante, che rappresenta un qualcosa di diverso dal solito. Dopo aver provato inizialmente la demo, prima di avere il gioco completo, sono rimasto sorpreso. E vi chiederete: perché? Beh… perché non era il disastro che molti avevano descritto. Non voglio dire che sia perfetto, ma è una produzione che offre al mercato videoludico qualcosa di nuovo!

Slitterhead ha bisogno di più amore

Un parassita alieno

Il gioco si distingue già per una base diversa dal solito: vestiamo i panni di uno spirito con la facoltà di impossessarsi di alcuni soggetti. Uno dei personaggi principali della storia ci chiamerà proprio Night Owl, mentre esploreremo le strade di Kowloon alla ricerca di risposte. Il setting, che richiama Hong Kong, è interessante perché ci permette di immergerci in un mondo diverso, non spesso protagonista di opere videoludiche.

Credo che l’aspetto più affascinante di Slitterhead sia proprio la colorazione degli ambienti, le luci e le atmosfere. Ammetto che, nonostante il motore grafico non sia al passo con i tempi, il titolo riesce comunque a offrire alcuni scorci suggestivi durante l’esplorazione e lo svolgimento delle missioni.

A pad alla mano, il gameplay è divertente e ricco di possibilità. Abbiamo la facoltà di impossessarci di tutte le persone che incontriamo, ognuna caratterizzata da una propria costituzione fisica, influenzata anche dal loro stato di salute. Tuttavia, l’aspetto più interessante è rappresentato dagli Unicum, ovvero personaggi (e protagonisti) dotati di abilità uniche. Spesso dovremo salvarli in situazioni dettate dalla narrazione.

La premessa del gioco non è tra le più originali, e ci viene chiesto più volte di ripetere determinate missioni per trovare altri Unicum o percorsi alternativi che sbloccano ulteriori sviluppi narrativi. Eppure, nonostante la poca varietà, il gioco riesce a intrattenere, tenendo sempre coinvolti nella storia e spingendo a scoprire di più sul mistero che avvolge i protagonisti e il loro bizzarro destino.

Slitterhead ha bisogno di più amore

Cosa manca a Slitterhead?

La domanda che mi sono posto più volte è proprio quella che ho riportato nel titolo qui sopra. Le colpe di Slitterhead risiedono in un motore grafico non al passo con i tempi, nella ripetitività e forse nell’aver osato essere troppo diverso rispetto a ciò che domina il mercato odierno. Eppure, non riesco a considerare questa una conclusione del tutto negativa, perché il suo essere differente ha risvegliato in me un senso di curiosità verso la storia del gioco. Sebbene non sia tra le narrazioni più originali, risulta comunque interessante e capace di intrattenere.

Il gameplay, nella sua essenza, è divertente, offre il giusto livello di sfida e consente di variare attraverso numerose combo. Uno dei principali problemi, però, è stata la percezione del pubblico. Vedendo il nome di Keiichiro Toyama, molti si sono fatti un’idea sbagliata, aspettandosi un nuovo Silent Hill o un titolo che ne seguisse le orme. Invece, ci siamo trovati davanti a qualcosa di completamente diverso, ed è giusto così.

Considerando che si tratta del titolo d’esordio per Bokeh Game Studio, non posso che fare i complimenti al team di sviluppo, rimproverandoli però per una campagna di marketing non all’altezza. Il gioco, infatti, è passato fin troppo inosservato al momento del lancio.

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Scritto da
Federico Molino - Director and PR Manager

Classe 1996, assiduo consumatore di giochi di ruolo, amante della fotografia e informatico a tempo pieno.

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